Gualdo Tadino
Cenni storici

Il “lago di Gualdo”
In epoche geologiche questa pianura, racchiusa tra gli Appennini a levante e i loro contrafforti collinari a ponente in direzione nord, era un lago, come lo erano la vicina pianura eugubina e l'altra assai maggiore spoletana. Svuotato il lago dai corsi d'acqua volgenti verso il lontano Tevere, si è costituito l'attuale “piano di Gualdo”. Tombe rudimentali in pietra, con ossa e suppellettili, sono state recentemente scoperte in quella che, presumibilmente, era la riva del lago, nel quartiere Cartiere.
ITALIA CENTRALE NEL QUATERNARIO ANTICO
(circa un milione di anni fa)
visibile il LAGO di GUALDO le cui dimensioni erano di km. 20 x 4


Nella Preistoria
I primi insediamenti umani, dovettero avvenire non nella pianura paludosa, ma sulle pendici circostanti. Una delle più suggestive tracce di questi antichissimi tempi, è un gruppo di oggetti di bronzo - scalpelli, coltelli, aghi, fibule ad arco di violino - e di due dischi in lamina d'oro, lavorati a sbalzo con decorazioni geometriche.
PERUGIA - MUSEO ARCHEOLOGICO DELL'UMBRIA - Con una cronologia che viene indicata tra il momento appenninico e la tarda età del bronzo (XIII-XI sec. a.C.), i due dischi aurei di Gualdo Tadino documentano eccezionalmente la più antica oreficeria italiana. Furono rinvenuti, insieme ad altre importanti testimonianze, nel 1937 nella Valle di Santo Marzio, in ipotetico ripostiglio o complesso tombale; identificabili, secondo alcuni, con il culto del sole. Lavorati a sbalzo in sottile lamina d'oro, recano decorazioni geometriche i cui motivi avrebbero più diretto riferimento a quelle di oggetti laminati del periodo villanoviano, ma anche connessioni con il mondo nord-europeo, come gli ornamenti del cosiddetto carro di Trundholm (Sjalland, Danimarca).
Il ritrovamento è molto importante per la qualità degli oggetti (i dischi aurei possono essere considerati tra i più antichi esempi di oreficeria in Italia) e per la località di provenienza, la Valle di S. Marzio. La datazione più probabile del complesso, è alla fine dell'età del bronzo (XII secolo a.C.). Secondo l'Annibaldi, che per primo li studiò, i due dischi possono identificarsi come oggetti relativi al culto del Sole.
Reperti preistorici di particolare interesse sono affiorati anche sul colle I Mori, lungo il tratto del valico di Valsorda, posto a circa 900 metri di altezza sul livello del mare.

La “tota” e la “trifu tarsinater” delle Tavole Eugubine
La prima volta che troviamo nominati i Tadinati è nelle celebri Tavole Eugubine: sette tavole di bronzo scritte sui due lati, in lingua umbra e in caratteri parte umbri e parte latini, le quali contengono formule rituali di culto e secondo gli studiosi risalgono, nella primitiva stesura, al III secolo a.C. Dalle cerimonie venivano escluse, come era costume, le popolazioni estranee, e fra esse in particolare gli abitanti di Tadino, Città-Stato degli Umbri. I Tadinati risultano classificati, come gli Eugubini, in “tota” (città) e “trifu” (territorio circostante), e come erano poco distanti così erano poco diversi da loro. Questa osservazione del Devoto è molto importante, perché possiamo dedurne la costituzione sociale di Tadino e regione (il Tadinato come diranno i cronisti medioevali): dovevano avere la stessa mitologia, le stesse magistrature, le stesse classi. Tutte cose che dovrebbero essere maggiormente approfondite per ritrovare i primi segni dei nostri antenati umbro-tadinati. Ma forse è bene riportare un testo della “exterminatio” o esclusione, che non solo voleva escludere estranei dal culto locale, ma era una violenta maledizione, quasi per ancestrale rivalità. Diceva:

Sterminio a quanti appartengono alla città e all'agro di Tadino, a quanti sono della stirpe dei Tuski, Naharci, Iapuski, i loro magistrati in carica o no, i loro giovani in armi o no. Voi, o dei, ponete in fuga precipitosa, siano proni a terra (mangino la polvere), siano annullati, sommersi, flagellati, battuti, piagati, prosternati, vinti”. “E voi, o dei, siate benigni con la vostra pace sulla città ikuvina, sui cittadini, sui magistrati in carica o no, sui giovani astati o no, e sulla sua stirpe”.

La Via Flaminia
Nel 220 a.C. il console Flaminio costruì la via che da lui prese il nome e che partendo da Roma terminava a Rimini, dove si innestava con la via Emilia proseguendo con altre vie verso il nord e verso l'Europa. La via Flaminia era una delle principali vie romane. Per secoli vi passarono eserciti, viandanti, commercianti, pellegrini e uno di questi pellegrini qui moriva e veniva venerato dando il nome ad un paese: San Pellegrino. Era disseminata, lungo il suo percorso, di città e borghi, che in tal modo non si trovarono mai ai margini della storia, prossime come erano a Roma, “caput mundi”. Nella nostra pianura, venendo da Nocera, entrava a Gaifana e andava fino a Fossato, sempre diritta, come era costume dei romani, e ad essa convergevano numerose stradine dalle alture circostanti. Ancora oggi è possibile ripercorrerne il tracciato primitivo in mezzo al piano, ridotta purtroppo a strada campestre, poiché nel 1500 il Comune di Gualdo la portava a passare più in alto entro il paese e ne ordinava la demolizione dei ponti perché i viaggiatori fossero costretti a percorrere la nuova via invece che l'antica. E’ un'esperienza turistica assai suggestiva il rintracciarne e ripercorrerne l’antico rettilineo tracciato.

La Tadinum romana
La “tota tarsinater”, la città-stato umbra dei Tadinati, era posta sull’altura mentre la “trifu” si estendeva intorno, ma si ritiene per certo che la “Tadinum” romana si sviluppò lungo la via Flaminia, concentrata soprattutto in quella località ad est del colle di Taino, tutt’ora così chiamato. In questi terreni, nonostante tanti secoli di lavorazioni, affiorano continuamente resti di costruzioni ed esistono ancora i resti di un pozzo romano ben conservati.
Pozzo romano sul tracciato della vecchia via consolare Flaminia, nei dintorni di Rasina. Risale all'insediamento successivo a quello umbro menzionato nelle Tavole Iguvine. E' stato ricomposto nel 1974.
Purtroppo i reperti archeologici sono scarsi: notevole una bella fronte di sarcofago con figure, custodita nel museo cittadino, e poche lapidi. Ma nel 1300 dovevano essere visibili ancora notevoli vestigia, tanto che cronisti medioevali affermano che con i marmi estratti da Tadino furono ornate in Perugia chiese e costruito l'arnolfiano sepolcro di papa Benedetto XI (m. 1304). Mentre ritrovamenti settecenteschi furono occasione di uno studio giovanile sulla Tadino romana del dotto card. Stefano Borgia.

L’ “episcopus tadinensis”
Documento letterario della Tadino romana, di grande importanza non solo per la storia religiosa ma anche civile, sono due ben note lettere di papa Gregorio Magno dell'anno 599, per l’elezione del vescovo di Tadino, “da lungo tempo priva del suo sacerdote”, elezione da farsi dal clero e dal popolo tra i sacerdoti tadinati (come era costume di quei tempi), a meno che non ci fosse uno degno di tale ufficio, ciò che il grande pontefice non riteneva possibile. San Gregorio si adoperò a ricomporre l’organizzazione sociale dell'Italia sconvolta dalle invasioni e i vescovi succedevano naturalmente alla travolta autorità civile. Queste lettere costituiscono l'unica testimonianza certa e ampia della nostra diocesi prima del 1000, che per essere lungo la via Flaminia, ebbe presto l’evangelizzazione e l'organizzazione cristiana.
La tradizione assegna a questo tempo il santo vescovo tadinate Facondino, né la tradizione va sottovalutata se vogliamo fare deduzioni (e correzioni) cronologiche agiografiche da documenti riminesi per i quattro santi venerati nella vallata tadinate: Felicitas, Facundinus, Juventinus, Peregrinus.

La guerra gotica e la battaglia di Tajnas
Nel 552 avvenne nella nostra pianura la famosa battaglia di Taghinas (Tagina), che vide sconfitto e ucciso il re dei Goti, Baduilla detto Totila (immortale) ad opera di Narsete comandante dell'esercito bizantino di Giustiniano che tentava di recuperare le terre italiche dell'impero. Questa battaglia segnò praticamente la fine della guerra gotica e del regno gotico in Italia e forse decise le sorti stesse della nostra patria. Gli storici disputano da tempo sul luogo preciso dove avvenne lo scontro, a causa di certe misure di stadi, che Procopio, storico contemporaneo ma non presente, calcola nei movimenti dei due belligeranti; ma le località che nomina sono chiaramente tadinati: gli Appennini, la Tuscia (cioè l'Umbria), Taghinas (da Tadino, Taino), Capras, dove l'eroico e sfortunato re goto morendo, sentì sepolto per sempre il gran disegno dell’unione nazionale della penisola.
Battagli di Tagina
Municipio di Gualdo Tadino, Sala del Consiglio Comunale


Le distruzioni e l'abbandono della città
Il primo millennio della nostra storia si chiude con poche e tristi notizie, del resto comuni alle altre città italiane: invasioni, guerre, devastazioni, sconvolgimenti politici e militari, accentuati per Tadino dal trovarsi proprio sulla via Flaminia, su cui si distendeva per lungo tratto, ricevendone i vantaggi e gli svantaggi. Forse la distruzione non fu né improvvisa né totale, ma era divenuta ormai inabitabile, tanto da costringere a salire sui monti un po’ più distanti e difesi per natura, dove sorsero castelli e villaggi.
Lo stesso episcopato tadinate dovette arroccarsi, e forse riunirsi, sulla munitissima rocca di Nocera, come esigevano i tempi (e il primo vescovo della diocesi così riunita, fu Adalberto monaco della Abbazia di San Benedetto “de plano Gualdi” -1007-) estendendo la sua giurisdizione per quanto si estendeva il dominio dei conti di Nocera. Questo fatto ebbe influenza sul futuro della ormai distrutta Tadinum: si pensi all’importanza che ebbero le sedi vescovili delle nostre città anche per l’organizzazione civile.

Non più Tadinum ma Gualdum
Ormai scompare anche il nome: il nuovo comune che dopo l’anno 1000 sorgerà, non si chiamerà più Tadinum ma Gualdum, un nome non più latino ma longobardo: Gualdo, da wald, legno, bosco. La dispersione dei cittadini e l'abbandono del luogo nativo, non furono né potevano essere definitivi, ma secondo un movimento comune a tutta l'Italia, il popolo tentò di raccogliersi per fondare città libere, sottraendosi ai feudatari: è l'epoca dei Comuni, epoca viva e battagliera e in quei secoli i tadinati ricostituirono il loro centro abitato, che risorgesse dalla “tota”, città-stato umbra e dalla “civitas” latina.
I tentativi di ricostruzione, secondo il cronista trecentesco, furono tre.
Il primo, circa l'anno 1180, avvenne nella pianura non lontano dalla romana Tadino, presso la via Flaminia e sulle rive del fiume Feo, presso la potente Abbazia di S. Benedetto (gli Abati erano come dei feudatari religiosi), ma il tentativo ebbe breve durata per ostilità e di uomini e di ambiente: oggi di questa abbazia non resta che il ricordo nel nome di “S. Benedetto vecchio” su un piccolo rilievo suggestivo per la veduta e per le memorie.
Pochi anni dopo, siamo circa verso il 1200, furono costretti a cercarsi una sede più in alto, alle pendici degli Appennini, la valle detta oggi di Santo Marzio, “ritrovando ivi un antico luogo umbro”. Ma questo agglomerato di povere casette andò distrutto da un incendio che avvenne o per dolo o per disattenzione di una donna di nome Bastola (“quaedam foemina nomine Bastula” narra il cronista), sulla quale poi il Bucari, nel bel romanzo storico “La Bastola”, ha intessuto una romantica e tenebrosa vicenda di streghe, di tradimenti, rapimenti, incendi e morti. Ma la Bastola non è un personaggio di pura fantasia, ma una persona reale e storica.
Eremo di Santo Marzio - Fu edificato nell'omonima valle montana (o Valdigorgo) intorno al 1219 dai primi frati francescani gualdesi. Intorno al 1224 vi abitò per qualche tempo San Francesco d'Assisi insieme ai suoi seguaci locali. Luogo molto apprezzato nel periodo estivo per trascorrere qualche ora di tranquillità tra frescura e acque pregevolissime.


La Gualdum sul Colle di San Michele: Gualdo attuale (1237)
La drammatica ricerca di una patria stabile si concluse nell'anno 1237. E’ in tale data, 30 aprile 1237, che viene registrato l’atto con cui l'abate Epifanio cede al sindaco Pietro di Alessandro, in enfiteusi perpetua, il colle di Sant'Angelo dove sorge la terza Gualdo, l'attuale. All’opera di ricostruzione è determinante l’apporto di Federico II che cura il restauro della Rocca Flea e la costruzione della cinta muraria. Il cammino dei Tadinati (il Tadinatum) fu dunque questo: sull’altura in epoca umbra, nel piano in epoca romana (lungo la Flaminia), di nuovo sull’altura in epoca medioevale e, a conclusione.

Una struttura urbana tipicamente medioevale
La nostra città si formò tutta nel 1200, anche se le vicende dei tempi e le vicissitudini umane hanno apportato consistenti alterazioni. La sua struttura è tipicamente medioevale: la Rocca in alto, la piazza centrale (“Piazza Grande”) con il Palazzo dei Priori, la Cattedrale (qui in verità abbaziale), le chiese francescane o di altri ordini, la via principale cui confluiscono le minori, i vicoli, la cerchia delle mura con le torri, le quattro porte di ingresso, coi relativi quartieri di S. Benedetto, S. Facondino, S. Donato e S. Martino, così denominati dalle relative quattro chiese extra-urbane cui le porte conducevano. Verso oriente l'alta catena appenninica con boschi e praterie, ad occidente il piano e le fertili colline. Un popolo di montanari, di coltivatori, di artigiani.

Una città ghibellina e mistica
Il fervore costruttivo di quei due secoli fu straordinario e ininterrotto. Si fa il nome di Federico II, come protettore della nuova Gualdo, e giustamente; l’iscrizione scolpita in una antichissima mensola di impostazione d'arco e in evidenza entro il fornice della Porta di S. Benedetto recita: “Porta di S. Benedetto, regnando Federico Imperatore, nel mese quarto dell'anno del Signore 1242”. E’ il certificato di nascita della cerchia delle mura.
Antichissima mensola di Gualdo Tadino

Gualdo fu città ghibellina, atteggiatasi fin dalle origini a libero comune: libertà sempre voluta, ma raramente conseguita. Appoggiata alla potente Abbazia che nel frattempo si era trasferita dal piano entro le mura (lapide sul fianco della Cattedrale “Nell'anno del Signore 1256 al tempo dell'Abate Guglielmo, questo cenobio fu trasferito entro Gualdo”). Dall'abate benedettino la città ricevette un’influenza religiosa diretta, forse più che dal vescovo della nostra diocesi. Perugia intanto estendeva e aggravava la sua influenza verso oriente, tanto da farci ritenere non del tutto fantasioso il senso politico al “greve giogo” di cui Dante dice che ne piangono Nocera con Gualdo: è infatti un periodo, quello comunale, di libertà e di sottomissioni, di schieramenti imposti da forza maggiore.

Fermenti sociali e religiosi: il francescanesimo, l'eremitismo
Gli studiosi di storia oggi mettono molto in rilievo sia le ricerche sull’economia, sulla quale tuttavia si hanno scarse documentazioni, sia i movimenti religiosi considerando che le interferenze reciproche con la vita civile di quel periodo erano manifestazioni ordinarie. Il movimento francescano primitivo ebbe notevole rilevanza; l'eremitismo già esistente da secoli si prolungò fino al 1400 e così intenso da dare il nome alla montagna, che sovrasta la città, di Monte Serrasanta: santi venuti dal popolo e con lui e per lui vissuti: San Facondino, il Beato Angelo (protettore), il Beato Marzio, il Beato Majo, San Tomasuccio, predicatore escatologico, e altri meno noti.
Numerosi gli ordini religiosi insediati, con le loro grandi chiese: Benedettini di S. Donato e di S. Benedetto e più tardi i monaci Silvestrini; i francescani di S. Francesco entro Gualdo e quelli dell’Annunziata; più tardi vennero i Cappuccini, due monasteri di monache. Né va taciuta la recente attività educativa e di istruzione dei sacerdoti di Don Bosco, qui istituiti agli inizi stessi della loro società.
Il popolo ebbe le sue numerose confraternite, con le loro sedi, le adunanze, le processioni, i canti: di questo non tutto è andato perduto. Abbiamo ancora un prezioso bastardello contenente un “Laudario” importante per la storia del teatro italiano, e sussistono consuetudini antichissime di processioni penitenziali della passione di Cristo.
La città ebbe presto i suoi Statuti che vennero sviluppati nei secoli seguenti, le corporazioni delle arti dei mestieri, i suoi “hospitalia” sulle vie più percorse, specie sulla Via Flaminia, i suoi “ludi”, i giochi cari al popolo. Nelle ricerche di archivio veniamo a sapere che si correva il palio di San Michele di maggio, con fiera di otto giorni e grande afflusso di forestieri, con “balesterij et scopeterij”, come del resto tutte le città medioevali avevano i loro “ludi” o giochi, così come, per esempio, oggi ogni città ha le sue società sportive.

Il Rinascimento tra il 1400 e il 1500
Un cronista e agiografo francescano, conosciuto col nome di fra Paolo da Gualdo scriveva la “Storia dell'antica città di Tadino”, detta anche “Cronaca di Gualdo” fra il 1200 e il 1300; una raccolta di vite di santi, detto “Legendario” o “Lezionario”; contemporanee sono altre agiografie anonime; altro cronista è fra Elemosina. Sono i primi segni di rinascita della cultura, perché il rinascimento fiorisce nel 1400, ma i suoi inizi sono anteriori.
Un gruppo non indifferente di artisti e umanisti risulta operante in Gualdo tra il 1400 e per tutto il 1500. Tra essi autori di poemi cavallereschi: Francesco e Gerolamo Tromba, Pietro Durante. Più tardi è poeta e diplomatico Porfirio Feliciani. Una famiglia di giuristi, scienziati, letterati fu quella dei Duranti: Giovanni Diletto, Castore (cui è dedicata una via a Roma) e ultimo Ottavio, musicista. Nella pittura è vivo il nome di Matteo di Pietro pittore devoto di Madonne e Santi. Il suo stile è ritenuto caratteristico e tale da essere considerato da critici moderni capo della scuola pittorica gualdese.
Anonimi ceramisti assursero a livello di arte con opere degne di ammirazione. Mentre le chiese si riempivano di opere di pittori dall'Umbria, dalla Toscana, dalle Marche: Nicolò Alunno col grande polittico considerato il suo capolavoro, Sano di Pietro da Siena, Gerolamo da Camerino, Antonio da Fabriano, il Maestro di San Francesco. Infine Avanzino Nucci, dalle molte patrie, ma di certo una famiglia Nucci risiedeva anche in Gualdo.
Intanto le vicende politiche, cessate le lotte comunali, apportavano anche qui alternanze di occupazioni, assedi, saccheggi di compagnie di ventura al servizio di potenti famiglie che si contendevano il potere: mentre nella nostra Rocca stemmi “erasi” in odio al tiranno attestano le lotte fra Biordo Michelotti (strenuo nelle armi e abile nel governare) e gli avversari Fortebraccio.
Tuttavia la cultura cinquecentesca dovette essere notevole, se lo storico umbro Ludovico Jacobilli nel 1626 scriveva: “Gualdo, terra qualificata e produttrice di uomini eruditissimi”, che vogliamo ritenere un cortese complimento, ma non del tutto lontano dalla verità.

Dodici Cardinali per Gualdo
Una conseguenza delle guerre tra Signorie, e precisamente di quella tra lo Stato Pontificio e il Ducato di Urbino che estendeva il suo dominio fino ai nostri confini (Gubbio ne era soggetto e castelli di confine erano S. Pellegrino, Crocicchio, Caprara), fu l’istituzione della Legazione autonoma (da Perugia) retta da Cardinali Legati, residenti, anche se di rado, come governatori perpetui nella Rocca Flea. Periodo della nostra storia cittadina che durò dal 1513 al 1587; dodici furono questi Cardinali Legati in Gualdo. La presenza di così autorevoli “Principi della Chiesa” fu evidentemente positiva per la nostra cittadina e non dovette poi essere stata tanto sgradita ai gualdesi se, dopo che fu abolita, più volte ne chiesero, ma non ottennero, il ripristino, per opposizione di Perugia che aveva sempre visto di malocchio la sottrazione di Gualdo alla sua autorità. Stemmi, iscrizioni, decreti, “grazie” (concessioni) e opere civili testimoniano ancora questo periodo “cardinalizio” della nostra storia cittadina. Il visitatore post-tridentino dell'Umbria (1573) definiva Gualdo come “molto civile e popolosa”.

Il seicento e il settecento
Dopo i Cardinali Legati, che cessarono nel 1587, governarono in Gualdo i Commissari Apostolici che venivano inviati dal governo pontificio centrale e duravano in carica circa un anno. L'ultimo cessò il suo ufficio con la venuta della repubblica romana (1798). In tutti furono in numero di 102, ma nessuno di particolare rilevanza; risiedevano anch'essi nella vasta Rocca Flea.
Entrati a far parte di uno stato più vasto, i nostri antichi comuni cessarono di essere protagonisti della loro storia.
Riconosciamo tuttavia che l'epoca, diciamo così, d'oro della nostra cittadina va dal 1200 al 1500. Particolare attenzione dovrà essere dedicata anche ai secoli successivi. Ad esempio oggi vengono rivalutati e il barocco secentesco e il settecento, dei quali esistevano segni in ornamenti apposti nelle nostre chiese trecentesche come altari, tele, stucchi sui quali però in gran parte è stata operata una troppo affrettata erasione.
Il Guerrieri annota le tradizionali lotte di confini specialmente sul displuvio appenninico, pesti frequenti, passaggi sgraditi di soldatesche. Ma l'episodio catastrofico che sconvolse il tessuto urbano della nostra città (senza quasi far vittime) fu il terribile terremoto del 1751: edifici minori e maggiori furono gravissimamente lesionati e se la ricostruzione fu rapida per immediati interventi, le ferite sono ancora evidenti. I restauri infatti furono inseriti negli edifici ducenteschi con i gusti del tempo, con accostamenti sbrigativi (anche se non sempre detestabili), come l'interno della cupola settecentesca, oggi eliminata, nella bella chiesa di S. Francesco. Ma le torri rimasero mozze; al posto del Palazzo dei Priori, rovinato e non restaurabile, venne ricostruito nella Piazza Grande l'attuale Palazzo Comunale di belle linee settecentesche, solenne e tuttora funzionale.

Dai movimenti nazionalistici del 1800 ai nostri giorni
L’800 vide i nuovi fermenti rivoluzionari francesi, il ciclone napoleonico, il traballare dell'ormai vetustissimo stato papale.
Qualche annotazione notevole di questo periodo: la breve repubblica romana (1798) ristrutturava il territorio in Dipartimenti e Cantoni, e a Gualdo veniva istituito il capoluogo di Cantone (dipendente dal Dipartimento del Trasimeno, Perugia) con il suo Prefetto e con territorio che comprendeva: Fossato, Sigillo, Costacciaro, Casacastalda, Branca e Pieve di Compresseto. Ma dopo 19 “lune” tornava il dominio papale cui successe il dominio napoleonico, e in onore del côrso imperatore dei francesi veniva inaugurato il nuovo Teatro Talia con palchetti, ora totalmente da ristrutturare.
In queste circostanze papa Gregorio XVI concedeva a Gualdo il titolo di Città (1833) che, ripristinando l'antico nome umbro-romano veniva chiamato, per decreto papale, Gualdo Tadino; a Gregorio, che si era recato in visita alla “nuova città” tadinate, fu dedicato un busto marmoreo opera del Tadolini (o Ceccarani).
Anche Pio IX concedeva la tanto sospirata Collegiata nella abbaziale chiesa di S. Benedetto (1848), la quale più tardi ebbe il titolo d'onore di Cattedrale (1915), oggi Basilica Concattedrale. Notiamo ancora che nell'anno 1865 lo stesso Pio IX fece costruire la ferrovia Roma-Ancona che, percorrendo il nostro territorio, ne favorì molto lo sviluppo.
Gualdo Tadino entrò a far parte del Regno d'Italia nel 1860, cui nel 1870 seguiva la presa di Roma, avvenimento ricordato da una lunga iscrizione stampigliata sulla parete della Chiesa di S. Francesco verso la piazza, oggi cancellata per far posto ad un ricordo marmoreo di dolorosi fatti dell'ultima guerra, in seguito alla quale anche l'antica Piazza Grande o del Comune cessava di essere intitolata al Re “padre della patria” per ricordare il dono della libertà del popolo. Mentre della guerra 1915-18 abbiamo un solenne monumento di bronzo, che dal centro della città si è insediato all'ombra quieta dei Giardini Pubblici, insieme ai busti di alcuni nostri cittadini illustri: Matteo da Gualdo pittore, Castore Durante scienziato, Roberto Calai e Raffaele Casimiri “maestro incomparabile” di musica sacra.

Matteo da Gualdo

Castore Durante

Roberto Calai

Raffaele Casimiri

Industria, commercio, attività artigianale specialmente della ceramica, sviluppo di istituzioni culturali, raddoppio degli abitanti urbani, espansione edilizia notevole, partecipazione ai movimenti sociali del nostro tempo, sono le delizie e le pene della nostra città come di tutte le consorelle città italiane.


Bibliografia: Gualdo Tadino – Sintesi di una città – Edizioni Banca Popolare 1979